Non c’era dubbio alcuno che di fronte ai gravi danni provocati dalla diffusione del Covid-19, le banche centrali avrebbero dovuto ridisegnare le loro strategie. Gli effetti dell’epidemia sono sotto gli occhi di tutti, e si ripercuoteranno sui numeri dei prossimi report macroeconomici. L’Italia, ad esempio, difficilmente sfuggirà alla recessione tecnica.
Banche centrali UE e USA più vicine?
La differenza è nel punto di partenza
Tuttavia, c’è una differenza sostanziale tra i due istituti centrali. USA ed Europa si trovano a un differente punto del ciclo economico delle rispettive economie. Questo si traduce in una differente efficacia della loro stessa azione di monetary policy. La Federal Reserve parte da un livello di tassi molto più elevato rispetto a quelli europei. Questo significa che ha un maggior spazio di manovra e può quindi intervenire efficacemente sulla curva a breve termine, gestendo bene i buy e sell stop. Inoltre l’istituto centrale americano non sembra avere alcuni intenzione di incrementare il proprio programma di acquisto di asset (Quantitative easing).
Il problema aggiuntivo della BCE
Sull’altra sponda c’è la BCE. L’analisi fondamentale evidenzia in questo caso che ci troviamo in una fase debole del ciclo economico. Inoltre il livello dei tassi di interesse è già bassissimo, e questo significa poco margine per sostenere le economie nazionali. Se da parte della FED ci si attendono molteplici interventi nel corso del 2020, sul fronte europeo invece, visto il livello dei tassi nell’Eurozona, la BCE non potrà aspettarsi eguale efficacia da un taglio del costo del denaro.