Il coinvolgimento degli italiani verso il proprio lavoro è minimo. Soltanto uno su venti infatti ritiene di essere davvero soddisfatto della propria vita lavorativa. Un numero drammatico, tenuto conto che la nostra vita viene trascorsa per una fetta molto grossa proprio nel proprio luogo di occupazione.
Il grado di “engagement” rispetto al lavoro
Il dato comporta forti implicazioni anche personali. Infatti come abbiamo evidenziato, trascorriamo una belle fetta della nostra vita nel luogo di lavoro, e siccome l’engagement è in sostanza uno stato mentale positivo e soddisfacente, il fatto che 7 su 10 non lo siano è un bel campanello di allarme. Si spegne l’entusiasmo, si spegne l’energia e la dedizione. Con inevitabili conseguenze sulla produttività, ma anche sull’umore in generale. In fondo la maggior parte di noi vede più spesso i colleghi, i capi, i direttori, che non i propri famigliari e amici.
Gli effetti sulla produttività
Questi numeri aiutano a capire come mai in alcuni paesi, non si è riusciti a tornare ai livelli di produttività che c’erano prima della crisi finanziaria globale del 2008. Gli indicatori di trend following evidenziano che l’incremento della produttività è stato progressivo ma molto blando. Questo fa capire che le aziende devono cambiare approcci e strumenti per superare questo malessere. Una trasformazione che deve anzitutto essere culturale, ma anche gestionale.
Il rischio è quello di perdere l’occasione di costruirsi un vantaggio competitivo importante, come molte aziende negli USA (pioniere di nuove view sulla vita aziendale) hanno dimostrato. Non sono pochi infatti gli studi che hanno dimostrato che il coinvolgimento dei dipendenti nel proprio lavoro ha prodotto dei risultati economici notevoli.