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Liquidità e banche centrali, il “troppo” di ieri lo stiamo pagando oggi

Gli ultimi dieci anni sono stati caratterizzati da tassi di interesse molto bassi – e in alcuni casi addirittura negativi – e da un sostenuto piano di acquisto titoli (quantitative easing). In sostanza, fiumi di liquidità che hanno innaffiato i mercati.

L’abuso della liquidità

Va detto che il quantitative easing era stato concepito per tutt’altre esigenze rispetto a quelle per cui in seguito è stato utilizzato. Negli USA e Regno Unito era stato adottato per immetterà liquidità e ridare slancio al sistema finanziario duramente colpito dalla crisi del 2008. Invece la BCE (e anche la Bank of Japan) l’ha usato anche come mezzo per respingere la deflazione. Questa pratica, portata a lungo periodo, ha avuto un profondo effetto collaterale. Adesso che è arrivata una nuova crisi, non c’è più molto spazio per intervenire. La risposta monetaria per combattere il Covid-19, s’è dovuta affrontare con quello che restava dei tassi d’interesse. Poco o nulla. Le banche centrali hanno stanno comunque gettando denaro sul problema, perché altrimenti il tracollo è dietro l’angolo.

Conseguenze sui prezzi

Quali saranno le conseguenze di questa azione? Probabilmente una inflazione più alta, ma non è detto. Infatti il sistema produce anche spinte deflazionistiche. Il concetto è questo: per tenere a galla le economie che altrimenti soffocherebbero, le imprese vengono sostenute artificialmente così come i loro posti di lavoro. Come sta accadendo adesso, con molte imprese a rischio chiusura. Ci sono quindi più occupati di quanti servirebbero, e quindi un deficit di produttività. Questo alimenta la pressione deflazionistica. Tuttavia, quando comincia la ripresa anche i prezzi delle materie prime e gli altri costi degli input economici si rialzano. Si genere quindi una pressione inflazionistica. Alla fine tutto dipende da quale delle due spinte prevale.

Gli altri strumenti

Va detto che l’iniezione di liquidità non può durare a medio-lungo termine, per cui servono altri sistemi di “salvataggio economico“. Sistemi che però comportano un crescente indebitamento. Oppure metodi fiscali, volti a mettere denaro contante nelle tasche dei consumatori con l’intenzione di farli spendere. Quindi stimolare i consumi. Tali misure tendono a essere inflazionistiche.

E qui nasce un altro problema. L’inflazione se accelera troppo e anche l’oscillatore stocastico lento diventa “impazzito”, è un male, perché le banche centrali dovrebbero controllare con tassi di interesse più elevati. Cosa che in tempi di crisi aggrava il problema. Insomma è un gatto che si morde la coda. Ecco perché i fiumi di liquidità messo in circolo ieri, avrebbero fatto più comodo oggi.