“L’Olimpiade” di Cimarosa: un’opera riscoperta
La prima registrazione mondiale de L’ Olimpiade di Domenico Cimarosa, ultima release discografica firmata VDC Classique e in rilascio il 2 agosto 2020, è una proposta del massimo rilievo, anch’essa legata al lungo percorso intrapreso dall’etichetta discografica nella riscoperta della produzione del grande musicista aversano. Fra le molte intonazioni de L’Olimpiade (1733), dramma per vari aspetti esemplare, si imposero con particolare successo dapprima quella di Pergolesi e in seguito quella che Cimarosa compose nel 1784 per l’apertura del Teatro Eretenio di Vicenza.
È un capolavoro dimenticato nella cui straordinaria ricchezza musicale sono valorizzate con la più intensa suggestione le nuove prospettive di lettura e le trasformazioni del mirabile testo metastasiano, adattato ad un gusto più “attuale” 51 anni dopo che era stato scritto. Nell’adattamento (di cui non si conosce l’autore) è scardinata la perfetta, calibratissima costruzione del dramma di Metastasio, dove si intrecciano con uguale rilievo nelle vicende dei cinque protagonisti le pene amorose di Aristea e Megacle, la nobile grandezza dell’amicizia di Megacle e Licida, lo smarrimento di questi e il conflitto interiore di Clistene, che nella sua veste di re si sente in dovere di punirlo anche se ha riconosciuto in lui suo figlio. L’interesse di Cimarosa e dei suoi contemporanei si concentrava tutto sulla patetica storia dell’amore contrastato di Megacle e Aristea, ed era molto sentita l’urgenza di far procedere l’azione più rapidamente e di lasciare maggiore spazio a una musica che aveva assunto forme nuove (e più ampie o più flessibili).
Così il testo dell’originale metastasiano è ridotto a poco più della metà, sacrificando le parti di Licida, Argene e Clistene, ampliando quelle di Aristea e Megacle, semplificando l’azione, riducendo drasticamente il racconto degli antefatti e i trapassi psicologici nel comportamento dei personaggi, in particolare nel caso della folle disperazione che spinge Licida a tentare di uccidere il re. Le trasformazioni distruggono la calibrata razionalità (in Metastasio fondata sui poteri comunicativi della parola) a vantaggio della musica, dell’accendersi dell’emozione, della rapida intensità; ma esaltano anche una componente che già in Metastasio aveva grande evidenza poetica, quella delle pene amorose alle quali sono legati non per caso alcuni dei passi più famosi del testo, dal duetto “Nei giorni tuoi felici” all’aria di Megacle “Se cerca se dice”. Anche in queste pagine la grandezza di Cimarosa si rivela con mirabile intensità malinconica, e nella stessa prospettiva soffusa di mestizia e di arcana dolcezza si collocano molte altre meraviglie della partitura: forse è questa la chiave essenziale per comprendere il rapporto del compositore con il grande testo di mezzo secolo prima. Ma va sottolineata anche la risentita evidenza drammatica di alcune pagine, soprattutto dei notevolissimi recitativi accompagnati dall’orchestra. Tutto ciò ha trovato bella evidenza nell’interpretazione, al solito magistrale, di Simone Perugini, direttore d’orchestra e musicologo massimo specialista di Cimarosa, alla testa della Fête Galante Baroque Orchestre di Londra e di un’ottima compagnia di canto, dove Laura Valdarnini, soprano fiorentino, è una Aristea molto intensa, ma capace anche di affrontare pagine di impervio virtuosismo, e dove la statunitense Laurie Farrel-Smith (Megacle) ha offerto una prova altrettanto persuasiva. Accanto alle splendide protagoniste si sono fatti apprezzare la brava July Wason, Claudine Vernet, giovanissimo soprano belga, Nicola Savieri e Nicholas Porrington (tenore dotato di grazia vocale cristallina)